GIORNO DUE | Diario di Viaggio | Bucarest |
appunti sparsi, caduti nella borsa e ricopiati con cura e discrezione – Seconda parte
Dove ero rimasta? Ah sì, giusto. Colazione con i waffle alle bolle.
Il tempo è uggioso, ma non piove, il che rende tutto molto pittoresco. Usciamo dal locale e ci dirigiamo verso il centro storico: sulla strada, incontriamo tante piccole chiesette ortodosse che subito catturano la nostra attenzione, come quella bianca dedicata a San Nicola, definita monumento storico, del 1715. Un impatto molto diverso da quelli che sono i nostri centri religiosi: i visitatori, turisti, viaggiatori, insomma, noi non siamo gradite, sebbene la nostra sia pura e cortese curiosità, ci viene chiesto di non entrare e allontanarci.
Rispettiamo quanto detto e proseguiamo alla scoperta della nostra Bucarest passando dal teatro imponente che ospita una pièce dove ricche signore si affrettano (ma non troppo) ad entrarvi fino alla Piazza della Rivoluzione.
Il fascino di Bucarest, triste ed imponente, dal tratto sovietico e, in momenti alterni, decadente si fa sentire. Bucarest è una città che ti fa sentire piccola dinanzi ad alcuni monumenti ed alcune facciate maestose. Alcune portano delle evidenti cicatrici, non so di quale parentesi precisa del passato, ma tant’è. Bucarest è imponente, così come lo è il suo Parlamento, un edificio da oltre mille stanze, il secondo al mondo dopo il Pentagono, l’ufficio – se così si può chiamare – di Ceausescu, dove non vi entrò mai. Bucarest è una città che non ti immagini.
Qui ci fermiamo ancora un po’ per dare un nome al monumento di 25 metri accanto a noi e per giocare con la neve depositata sugli alberi. In men che non si dica la nostra attenzione si sposta su una piccola (ma non troppo) chiesetta a mattonici rossi. Lo stile particolare ci riporta in un’altra cultura: devoti pregano frettolosamente e vanno via. Inizia a piovigginare e tutto sembra così particolare.

All’angolo della Piata Revolutiei, la famosa Piazza della Rivoluzione dove il 21 dicembre 1989 avvenne l’ultimo discorso di Nicolae Ceausescu, c’è questo gioiellino in perfetto stile brâncoveanu: la Chiesa Cretulescu. Naso all’insù ed ecco che gli affreschi originali del portico conquistano tutti. Nella continua fame di scoperta, ci addentriamo sempre di più nel cuore della città.
Il tempo è sempre più grigio, ma mai ci verrebbe in mente di sperare in un raggio di sole. Questo clima e questi colori ci riportano ancora di più in quel limbo di consapevole scoperta. Affezionate alla Calea Victorei, tra un commento e l’altro, non smettiamo di indicare e segnalarci a vicenda elementi e dettagli curiosi. Non a caso, come accade a molti, ci meravigliamo alla vista di due vicoli: siamo nel quartiere Lipscani e un cielo di ombrelli colorati appare dinanzi ai nostri occhi. Siamo all’altezza di Calea Victorei tra il 52 e il 54, un vicolo – garden bar che ospita numerosi localini pronti ad animarsi nuovamente nel corso della notte.
Dopo qualche scatto obbligatorio, ecco che Bucarest continua a stupire: siamo nella ‘Piccola Parigi’, nel Pasajul Macca che ci conduce in una città alternativa. In una galleria dai molteplici locali notturni, avviene il più totale spaesamento: dove ci troviamo? Un mix di città in un’ unica capitale. Questa è Bucarest.
Dirigendoci in strade poco battute, passiamo per Bulevardul I.C. Brātianu e troviamo l’emblema della contraddizione romena, del mix di stili e culture. Crocevia di popoli, la lupa capitolina introduce in un’aggraziata via del centro storico che poco però si conforma al palazzo alle sue spalle. Affascina anche questo.



